Lavoro e mobbing, come affrontarlo e prevenirlo?

 

mobbing sul lavoro

 

Lavoro e mobbing rappresentano purtroppo un binomio per certi versi inscindibile. Comportamenti discriminatori e numerose forme di “bullismo” lavorativo sono all’ordine del giorno in molti, troppi contesti lavorativi. Alcune recenti ricerche ci restituiscono un quadro piuttosto preoccupante: più di 4 dipendenti su 10 affermano di aver subito in maniera continuativa forme di mobbing. Neanche a dirlo, il bersaglio più colpito sono le donne.

Nelle prossime righe proveremo a dare ad una definizione di mobbing e cercheremo di capire meglio che cosa le attuali normative prevedano in tutela dei lavoratori e delle lavoratrici. Infine, ci soffermeremo sulle strategie necessarie per evitare che il mobbing diventi una consuetudine sul posto di lavoro.

Che cos’è il mobbing?

Il termine “mobbing” deriva dall’inglese “to mob“, che significa assalire o accerchiare. Nel contesto lavorativo fa riferimento ad una serie di comportamenti vessatori sistematici e prolungati nel tempo, messi in atto da uno o più individui nei confronti di un lavoratore. Tali atteggiamenti mirano a emarginare, isolare o danneggiare psicologicamente la vittima, compromettendone la capacità di lavorare e l’equilibrio personale.

È importante non confondere il mobbing lavorativo con altre forme di conflitto o divergenze tipiche degli ambienti di lavoro. Infatti, queste ultime sono caratterizzate da episodi occasionali dettati da situazioni di stress o particolari condizioni emotive, le quali però non sono in alcun modo premeditate.

Il mobbing sul lavoro è un’attività sistematica e intenzionalmente nociva. La serialità di certe azioni si prepone un obiettivo ben preciso: distruggere la reputazione e l’autostima della vittima.

Quali sono le tipologie di mobbing?

Lavoro e mobbing si intersecano tra loro e spesso si confondono. Proprio per questo motivo molto spesso le vittime, oltre che per la paura di perdere il posto di lavoro, hanno difficoltà a denunciare. Come riconosce allora il vero volto del mobbing?

Viene classificato secondo le seguenti tipologie:

  • mobbing verticale: si verifica quando i comportamenti vessatori sono messi in atto da superiori, come ad esempio datori di lavoro e responsabili di reparto, nei confronti dei propri dipendenti. Tale forma di sopruso è connotata da critiche ingiustificate, assegnazione di compiti umilianti, minacce di licenziamento e ostracismo;
  • mobbing orizzontale: avviene tra colleghi di pari livello, spesso motivato da competizione, invidia o antipatia personale. Le forme di mobbing orizzontale possono includere pettegolezzi, esclusione sociale, sabotaggio del lavoro e diffusione di false informazioni;
  • mobbing ascendente: anche se meno comune, può verificarsi quando un gruppo di subordinati si coalizza contro un superiore. Può essere motivato da disaccordi con le decisioni manageriali o da conflitti per il potere all’interno dell’organizzazione.

Come riconoscere il mobbing sul lavoro?

Il mobbing sul lavoro si muove spesso di “soppiatto” e viene frequentemente confuso e liquidato come una modalità di redarguire messa in atto dal datore di lavoro o dal responsabile in maniera non troppo ortodossa.

Conosciamo bene però la natura sistematica del mobbing lavorativo volta a danneggiare ed emarginare giorno dopo giorno le proprie vittime.

Per evitare di giungere a situazioni gravi, capaci di compromettere la salute fisica e mentale del lavoratore, è più che mai fondamentale riconoscere fin da subito i segnali del mobbing sul lavoro.

Tra gli aspetti più visibili troviamo le critiche incessanti, le umiliazioni pubbliche davanti ai colleghi e vere e proprie forme di sabotaggio dell’operato della vittima. Per fiaccare l’equilibrio psicofisico del lavoratore vengono generalmente assegnati compiti monotoni e ripetitivi, che nulla hanno a che fare con le sue competenze. Le vessazioni continue puntano a distruggere la motivazione della vittima e a precluderle qualunque possibilità di carriera ed avanzamento lavorativo.

L’orizzonte finale del mobbing lavorativo è l’isolamento completo della vittima, la quale non verrà esclusa solo dalle attività di gruppo e dalle comunicazioni aziendali, ma sarà anche isolata fisicamente in una sorta di reparto “confino”.

Quali sono le conseguenze sulla salute del lavoratore?

Le conseguenze del mobbing sul lavoro possono essere devastanti. L’attività vessatoria influisce in primo luogo sulla salute mentale del lavoratore. La vittima può sviluppare ansia, depressione, perdita di autostima, attacchi di panico e altri disturbi emotivi. La costante pressione psicologica può anche condurre ad un esaurimento nervoso o burnout.

Con il passare del tempo i disturbi psicologici si ripercuoteranno anche sulla salute fisica del lavoratore. Tra le vittime sono numerosissimi i casi di disturbi del sonno, problemi gastrointestinali, cefalee, malattie cardiovascolari e altre patologie psicosomatiche. Il principale responsabile di tutte queste patologie è indubbiamente lo stress cronico.

Abbiamo evidenziato nei paragrafi precedenti che l’obiettivo principale del mobbing è danneggiare il più possibile la vittima prescelta. Ciò non avviene solo dal punto di vista psicofisico, ma anche da quello finanziario

Davanti ad una situazione ormai insopportabile, il lavoratore vessato rassegna le proprie dimissioni perdendo il proprio reddito. Inoltre, il continuo stress e la sofferenza emotiva a cui è quotidianamente sottoposto possono compromettere anche le relazioni all’interno dell’ambito familiare, relazionale ed amicale deteriorando la sua qualità della vita.

In che modo la legge tutela le vittime di mobbing?

La legislazione italiana non cita mai espressamente il mobbing. Il Decreto Legislativo 81/2008, ovvero il Testo Unico sulla Salute e sulla Sicurezza dei lavoratori, include tra i suoi articoli la salvaguardia della salute psicofisica dei lavoratori.

Tuttavia, un’attenta lettura del testo di legge suggerisce che, anche se non esplicitato, il mobbing lavorativo rientri tra gli indicatori dello stress da lavoro correlato. Non a caso, nel 2010 la Commissione Consultiva, inserì i conflitti interpersonali nei fattori da valutare in un contesto lavorativo.

Il Codice Civile, all’art. 2087, obbliga l’imprenditore “ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Ancora una volta, anche se non citato letteralmente, il riferimento al mobbing è palese.

Nel 2011 anche l’Inail inserì nel proprio manuale operativo l’indicazione: “Il lavoratore non si percepisca oggetto di comportamenti inaccettabili”. Inoltre, il medesimo testo suggeriva all’interno dei contesti lavorativi l’identificazione di un referente per l’ascolto e la gestione del disagio lavorativo.

Come denunciare un caso di mobbing?

Il primo step per denunciare un caso di mobbing è riconoscere tutte quelle azioni discriminatorie e vessatorie rientranti nella casistica. 

La vittima dovrebbe documentare dettagliatamente i vari episodi di mobbing sul lavoro, raccogliendo prove e testimonianze. Potrebbe essere d’aiuto tenere un diario personale, così come conservare mail, messaggi, registrazioni audio e video.

Dopodiché è necessario rivolgersi ad un avvocato specializzato in diritto del lavoro, con il quale verranno valutate le opzioni legali disponibili per ottenere giustizia. Sarà lui a valutare se presentare la denuncia al datore di lavoro, ai sindacati, all’Ispettorato del Lavoro o, nei casi più gravi, direttamente in sede giudiziaria. 

Come tutelarsi in azienda?

Affrontare e prevenire il mobbing è un impegno che coinvolge l’intera comunità lavorativa. La conoscenza dei segnali, delle conseguenze e delle strategie di tutela rappresentano gli elementi chiave per creare un ambiente di lavoro sano e rispettoso per tutti. 

Le aziende hanno il dovere di adottare politiche chiare contro il mobbing, per contrastare efficacemente questo fenomeno e tutelare la dignità e la salute dei lavoratori.

Le strategie contro la diffusione del mobbing sul posto di lavoro includono:

  • attività di formazione e sensibilizzazione: è importante educare i dipendenti e i manager sui segnali del mobbing e sulle sue conseguenze, promuovendo una cultura del rispetto e della collaborazione;
  • politiche di tolleranza zero: adottare e applicare politiche aziendali che dichiarano chiaramente che il mobbing non sarà tollerato e punito con sanzioni per i trasgressori;
  • supporto ai dipendenti: offrire servizi di supporto psicologico e consulenza legale ai dipendenti che ritengono di essere vittime di mobbing, creando un ambiente in cui possano sentirsi sicuri nel denunciare episodi di abuso.
  • meccanismi di segnalazione: stabilire canali di comunicazione chiari e riservati attraverso i quali i dipendenti possono segnalare episodi di mobbing senza timore di ritorsioni.

Creare un ambiente di lavoro sicuro e rispettoso è un obiettivo comune che richiede l’impegno di tutti, a partire dal datore di lavoro, passando per le figure preposte alla sorveglianza sanitaria, e arrivando infine ai dipendenti. Solo così potrà essere garantito il benessere di tutti i lavoratori.