Smart working: rischi e sicurezza nel lavoro agile

rischi e sicurezza smart working

Lo smart working è stato il grande protagonista del periodo pandemico ed in un certo senso ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nel mondo del lavoro. Tutt’oggi, nonostante la fine delle restrizioni legate al Covid, il cosiddetto “lavoro agile” non è stato abbandonato, anzi in alcuni casi è diventato il protagonista delle nuove modalità organizzative aziendali.

Tuttavia, quali sono le regole in materia di sicurezza a cui deve sottostare lo smart working? Il lavoratore è tutelato anche quando svolge le proprie mansioni direttamente da casa? Lo cercheremo di scoprire nelle prossime righe analizzando la normativa di riferimento ed evidenziando anche i possibili rischi che si celano dietro questa modalità lavorativa homemade.

Che cosa dice il decreto “smart working”?

Lo smart working non è una novità sorta con il primo lockdown. Infatti, già la legge del 22 maggio 2017, n. 81 introduceva il lavoro agile. La pandemia ha poi indubbiamente acceso i riflettori su questa modalità di lavoro subordinata portando così il legislatore ad appore delle modifiche al testo di legge appena citato.

Possiamo affermare che durante tutto il periodo Covid lo smart working è stato favorito e sostanzialmente trasformato in un diritto, grazie ad una serie di provvedimenti ad hoc, tra cui ricordiamo:

  • 39 DL 18/2020, il quale ha introdotto per i lavoratori disabili ed immunodepressi la possibilità di scegliere autonomamente di svolgere le proprie mansioni lavorative da casa;
  • 90 Dl 34/2020, ha esteso il diritto al ricorso allo smart working a tutti i lavoratori del settore privato genitori di figli con un’età inferiore ai 14 anni.

La validità di questi provvedimenti appena citati è cessata con la fine del mese di marzo 2024, data in cui è stato definito ufficialmente concluso il periodo emergenziale. Il decreto smart working 2024 ha spostato indietro le lancette nel tempo riportando in vigore la regolamentazione del 2017.

A partire dal primo aprile dell’anno in corso, il lavoro da remoto non è più configurato come un diritto del lavoratore, ma semplicemente una modalità di esecuzione della prestazione di cui il dipendente può usufruire esclusivamente in base alle esigenze aziendali. In sostanza, è il datore di lavoro che decide quanto spazio dedicare allo smart working.

Smart working e sicurezza: quali sono gli obblighi del datore di lavoro?

Dopo questo breve excursus normativo sull’evoluzione delle regole per lo smart working, andiamo ad osservare le misure previste per questa modalità di lavoro in materia di salute e sicurezza.

Il legislatore si è in gran parte rifatto agli obblighi previsti nel Testo Unico sulla Sicurezza (D. Lgs 81/08). Non a caso, l’art. 22 comma 1 della legge 81/2017 indica il datore di lavoro, in collaborazione con il Medico Competente e il RSPP, come colui che deve garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione sotto forma di lavoro agile.

I turni di lavoro in smart working devono essere previsti nel contratto stipulato tra il lavoratore e il datore di lavoro, specificando esattamente quali mansioni e quanti ore verranno svolte in modalità agile.

In materia di sicurezza, il datore di lavoro deve provvedere un aggiornamento del Documento di Valutazione Rischi, che contempli anche i possibili rischi legati al lavoro da remoto, come ad esempio lo stress da lavoro correlato.

Al tempo stesso tra gli obblighi del datore di lavoro c’è anche quello di informare i lavoratori su tutti i potenziali pericoli del lavoro agile, così come deve fornire ad un’adeguata formazione dei dipendenti sullo svolgimento delle proprie mansioni in smart working.

Inoltre, il datore di lavoro è anche responsabile della sicurezza e del buon funzionamento dei dispositivi tecnologici forniti per eseguire il lavoro da casa.

Quali sono i rischi per la sicurezza nel lavoro agile?

I rischi legati al lavoro agile possono essere suddivisi in due categorie principali, ovvero fisici e psicologici. La prima fattispecie riguarda le classiche problematiche a cui sono soggetti coloro che lavorano con i videoterminali. Nello specifico:

  • problemi alla vista;
  • dolori derivanti dalla cattiva postura;
  • rischi derivanti dalle condizioni ergonomiche;
  • rischi determinanti dalle condizioni ambientali (es. aerazione degli spazi).

Il lavoratore in smart working può usufruire degli stessi diritti previsti per gli operatori in azienda. Nel caso dei videoterminali può prendere 15 minuti di pausa ogni 120 minuti di attività davanti allo schermo.

Passiamo però ora agli aspetti psicologici. Molte di queste complicazioni sono direttamente correlate con la modalità di lavoro da remoto. Tra queste c’è la mancanza di socialità: i lavoratori non hanno un contatto diretto con i propri colleghi e l’assenza di un confronto lascia maggior spazio alle distrazioni con un conseguente calo della produttività.

Il pericolo più grande dello smart working è la possibile sovrapposizione dello spazio lavorativo con quello privato, la quale si può trasformare in un’enorme fonte di stress portando nei casi peggiori a forme di depressione ed isolamento. Proprio per questo motivo l’obiettivo della sorveglianza sanitaria nel lavoro agile è più che mai assicurare il diritto di disconnessione, stabilendo in maniera precisa i tempi e le modalità di esecuzione delle prestazioni da remoto.

Gli infortuni in smart working sono coperti?

Una delle domande più frequenti riguardo lo smart working è: gli infortuni durante l’orario di lavoro a casa sono coperti come quelli in azienda?

Dal momento che la prestazione eseguita e gli strumenti tecnologici utilizzati da remoto risultano i medesimi di quelli in azienda, l’Inail prevede uguali coperture, ovviamente se l’infortunio è direttamente correlato alla mansione svolta. Tuttavia, l’ente si riserva eventuali accertamenti finalizzati a verificare la sussistenza dei presupposti per definire l’eventuale incidente tra le mura domestiche come “infortunio sul lavoro”.